Giuseppe Raimondi (18 luglio 1898 – 3 agosto 1985) nasce a Bologna da Torquato e Argentina Testoni. Lavora presso la bottega di stufe del padre, in Piazza Santo Stefano, studiando da autodidatta. Militante anarchico-socialista partecipa nel 1914, alla "Settimana rossa", entrando nello stesso periodo in contatto con l'ambiente letterario e artistico, trasformando la fumisteria del padre in un punto di riferimento per scrittori e artisti italiani e stranieri come De Pisis, Morandi, Apollinaire e Valery. Nel primo dopoguerra fonda e dirige insieme a Giuseppe Bacchelli la rivista «La Raccolta» (1918-1920), su cui pubblica oltre agli italiani Soffici e Ungaretti, anche testi di Apollinaire, Cendrars, Jacob e Tzara. Negli anni successivi Raimondi diventa segretario di redazione della rivista romana «La Ronda» (1919-1923) e contribuisce alla rivista bolognese «L'Italiano» (1926-1942) fondata da Leo Longanesi. Le sue prime prose oscillano fra il saggio critico e l’operetta morale, come Stagioni, seguite da Orfeo all’inferno (1922), Galileo, ovvero dell’aria (1926), Il cartesiano signor Teste (1928), Domenico Giordani (1928). Negli ultimi anni del fascismo si avvicina al gruppo azionista di Carlo Lodovico Ragghianti, venendo arrestato nell'aprile del 1943 insieme a Francesco Arcangeli e Giorgio Morandi. Terminato il secondo conflitto mondiale, pubblica il suo capolavoro Giuseppe in Italia (1949), nel quale la vicenda personale si intreccia con i fatti storici fino alla Liberazione di Bologna. Nel 1970 Raimondi pubblica la raccolta di saggi e memorie Anni con Giorgio Morandi, in cui ricostruisce il rapporto umano e lo scambio umano e culturale con il pittore bolognese. Il 10 ottobre 1978, nella sala dello Stabat Mater, riceve il premio “Archiginnasio d'oro”, destinato a cittadini benemeriti nel campo della cultura e dell'arte. Muore a Bologna nel 1985.